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Rafforzata la tutela del consumatore!

Lo scorso 6 aprile 2023 la Corte di Cassazione a Sezione Unite, con la storica sentenza n. 9479 (09479/2023 (giustizia.it)), ha ampliato gli strumenti di difesa del consumatore non solo nella fase di cognizione (cioè di giudizio sul merito della pretesa) ma anche nella fase di esecuzione, ossia quando il consumatore stesso è soggetto ad un procedimento di esecuzione forzata a suo danno in forza di un titolo non opposto a suo tempo.

Nella sentenza succitata il Supremo Collegio ha recepito la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea formatasi sulla scorta della Direttiva 93 del 2013 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31993L0013) in materia di contratti conclusi tra un professionista e un consumatore che contengano clausole abusive.

È utile richiamare il contenuto dell’art. 2 della Direttiva citata ove si precisa che per “consumatore” si intende qualsiasi persona fisica che stipuli un contratto per fini estranei alla sua attività professionale; per “professionista” si intende il soggetto (persona fisica o giuridica) che agisca nell’ambito della sua attività professionale mentre per “clausole abusive” si intendono quelle, esplicitate nel successivo articolo 3, che non siano state oggetto di trattativa individuale e comportino un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi gravanti sulle parti, a svantaggio del consumatore.

Nel corso degli anni il legislatore nazionale ha emanato una serie di provvedimenti legislativi per adeguare il nostro ordinamento ai dettami della Direttiva 93/13, culminati con il c.d. Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005 aggiornato per ultimo dalla legge 136/2023), rafforzando quindi la tutela del contraente debole, con il solo limite del giudicato formatosi su un provvedimento giurisdizionale (nella maggioranza dei casi, un decreto ingiuntivo) che, se posto a base di un procedimento esecutivo, non poteva essere più discusso nel suo contenuto.

Ebbene, la sentenza della Cassazione n. 9479/2023 ha abbattuto anche questo limite sicchè, anche in sede di esecuzione, il Giudice di questa fase, prima di disporre l’assegnazione o la vendita del bene pignorato, deve esaminare il titolo esecutivo e rilevare se esso si fonda su un contratto contenente clausole quanto meno sospette di abusività. Se detto controllo risulta positivo, il Giudice dell’esecuzione deve assegnare all’esecutato il termine di 40 giorni per proporre l’opposizione al decreto ingiuntivo, con conseguente sospensione del processo esecutivo fino alla definizione del giudizio sul merito del titolo monitorio.

Si tratta, come si vede, di una novità assoluta nel nostro ordinamento dato che il decreto ingiuntivo che non era stato opposto dal debitore /consumatore non poteva essere più contestato, nemmeno quando si fondasse su contratti macroscopicamente squilibrati a suo svantaggio.

Tra le clausole abusive più frequenti, oggetto di contestazione, si possono indicare quelle che comminano il pagamento di una penale eccessiva, che stabiliscono interessi di mora in caso di ritardato pagamento troppo alti (tali quelli superiori al tasso indicato dal D. Lgs. 231/2002), che comportano la risoluzione di diritto del contratto anche in caso di mancato pagamento di una solo rata, clausole che comportino per i garanti fideiussori (Diritto Bancario Latina – Avvocato Simona Giorgi) prestazioni più onerose; si tratta delle cc.dd. clausola di sopravvivenza, clausola di reviviscenza, clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c..

In conclusione, con la sentenza 9479/2023  è stata rafforzata tutela del consumatore, contraente “debole”, in conformità allo spirito della legislazione unionale, cui il nostro ordinamento deve necessariamente adeguarsi.

Avvocato Simona Giorgi: CV ed Esperienze Professionali

Quando ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario, un metodo alternativo di risoluzione delle controversie con le banche e gli altri intermediari finanziari.

Nel rapporto banca/cliente possono insorgere controversie collegate, ad esempio, all’addebito di interessi e commissioni troppo onerosi oppure alla consegna di documenti nonché, sempre più di frequente, legate all’utilizzo di strumenti informativi (home banking, utilizzo di app etc) che espongono sovente il cliente al rischio di subire vere e proprie truffe.

Un modo per risolvere queste controversie è ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), al di fuori quindi delle aule di Tribunale.

 

COSA È L’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO

L’ABF è un collegio composto da 5 membri che, in attuazione dell’art. 128 bis T.U.B., dirime le controversie tra le banche e gli intermediari finanziari e i loro clienti.

Si articola in sedi territoriali localizzate a Bari, Bologna, Milano,  Napoli,  Palermo,  Roma e Torino.

Si tratta di un organo di ADR (Alternative Despute Resolution), non giurisdizionale.

 

DI COSA SI OCCUPA L’ABF NELLE CONTROVERSIE BANCARIE

L’ABF è competente per materia per tutte quelle controversie che abbiano ad oggetto operazioni e servizi finanziari e bancari.

Sono quindi devolute a questo organo le questioni inerenti a rapporti di conto corrente, carte bancomat e di credito, mutui e prestiti personali, segnalazioni alla Centrale dei Rischi etc.

Non si occupa di servizi di borsa e investimento quali i servizi di acquisto e collocazione di fondi di investimento,  obbligazioni etc.

I rapporti sottoposti all’ABF devono inoltre essere di valore pari o inferiore ad euro 200.000 e devono essere venuti ad esistenza dopo il 1° gennaio 2009.

Il limite di valore non rileva quando si chieda l’adempimento di obblighi o l’esercizio di diritti e facoltà.

 

RICORRERE ALL’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO: COME FARE

Per presentare il ricorso all’ABF è necessario avere prima presentato un formale reclamo direttamente alla banca interessata che è tenuta a rispondere entro 30 giorni dal ricevimento dello stesso. È altresì necessario che non penda già un giudizio avente ad oggetto la medesima questione,  nemmeno se devoluto ad arbitri o mediatori. Queste condizioni devono essere rispettate a pena di irricevibilità del ricorso.

All’atto della presentazione è necessario versare la somma di € 20,00 per le spese di avvio.

Il  ricorso si deposita in via telematica,  accompagnato dagli eventuali documenti a sostegno della richiesta.

Ricevuto il ricorso, il Collegio invita la controparte a far  prevenire le sue controdeduzioni e dal momento in cui queste ultime sono trasmesse decorre il termine di 60 giorni per la pronuncia della decisione.

Si tratta, come si vede, di un procedimento scritto nel quale non è prevista la comparizione personale delle parti né alcuna discussione orale.

 

LA DECISIONE DELL’ABF, NATURA ED EFFETTI.

La decisione è comunicata alle parti. Essa consta di una motivazione e della decisione vera e propria che può essere di accoglimento, totale o parziale, o di rigetto.

Il  provvedimento però non è vincolante e non costituisce titolo esecutivo.

L’ottemperanza al suo contenuto è rimessa alle parti ma, si noti, l’ABF monitora i comportamenti delle banche e il mancato rispetto delle decisioni è pubblicato sul sito istituzionale dell’organo.

L’esito del ricorso, appunto perché non ha effetti vincolanti, non pregiudica il diritto delle parti a riproporre l’azione in via ordinaria, ossia davanti al Tribunale competente.

 

Nonostante la natura non definitiva e non esecutiva della decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario, il ricorso a questo organo rappresenta un’ottima alternativa alla causa ordinaria, celere e dai costi contenuti.

Pur non essendo obbligatorio il patrocinio del legale in questa fase, è consigliabile avvalersene considerando che, come detto, il procedimento si svolge per iscritto ed è a contradditorio ridotto.

È quindi importante esporre le proprie ragioni in modo accurato, in fatto e in diritto. L’ABF, infatti, non è un organo giurisdizionale ma le sue decisioni sono fondate sulle leggi e i regolamenti vigenti.

 

Avv. Simona Giorgi

Successioni e divisione ereditaria costuiscono da sempre una grande causa di litigiosità fra gli eredi.

Definizione

Per “successioni” o “successione” si intende la sorte dei rapporti giuridici, soprattutto patrimoniali, successive al tempo in cui il loro titolare avrà cessato di vivere ( https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:codice.civile:1942-03-16;262 ).

La legge regola minuziosamente la vicenda successoria nel libro II del Codice Civile, intitolato, appunto, “delle successioni”.

I vari tipi di successione

Nel nostro ordinamento, la successione può essere testamentaria o legittima.

La prima si apre quando il de cuius (ossia il defunto) abbia disposto delle proprie sostanze in un atto scritto. La libertà del testatore non è assoluta perché il coniuge e i figli (e se manchino figli, il coniuge e gli ascendenti) dovranno ricevere una quota del patrimonio in ogni caso, anche contro la volontà dello stesso testatore (sono i cosiddetti eredi legittimari).

La successione legittima, invece, invece si apre quando manchi in tutto o in parte un testamento. In questo caso, la legge individua un’ampia serie di soggetti che potranno assumere la qualità di erede (il coniuge e i parenti fino al sesto grado).

La rinuncia all’eredità

L’erede può sempre rinunciare all’eredità entro termini ben precisi che possono essere più o meno lunghi a seconda che il chiamato all’eredità sia o meno nel possesso dei beni ereditari (da quaranta giorni a dieci anni).

L’accettazione con beneficio di inventario

Secondo la legge, l’erede subentra nei rapporti giuridici del defunto, sia attivi che passivi, e risponde dei debiti contratti dal de cuius anche oltre il valore della sua quota. Per evitare questo effetto di “responsabilità illimitata”, l’erede può accettare con beneficio di inventario. In tal caso, i debiti ereditari saranno soddisfatti entro i limiti della quota ereditaria stessa, rispettando una serie di cautele ed una procedura complessa dettagliatamente prevista dal codice civile.

La tutela dell’erede che sia stato leso nella sua quota

L’erede legittimario che abbia ricevuto meno di quanto gli fosse spettato per legge o che, addirittura, non abbia ricevuto nulla, può esercitare l’azione di riduzione al fine di vedersi reintegrato.

È molto importante sapere che per calcolare la quota da reintegrare deve tenersi conto non solo di quanto lasciato al momento della morte ma anche di quanto donato in vita.

La legge, infatti, considera ogni donazione disposta in vita come una sorta di anticipazione dell’eredità che non può mai andare a ledere i diritti dei legittimari.

La divisione ereditaria

Se gli eredi sono più di uno, tra loro esiste una comunione ereditaria che può essere sciolta in modo volontario (per contratto) o giudiziale.

La mediazione obbligatoria

Le controversie in materia di successioni e divisioni ereditarie debbono essere precedute obbligatoriamente dall’esperimento della mediazione avanti un organismo accreditato.

In caso di esito positivo, il verbale di mediazione costituisce titolo esecutivo e permette alle parti di scontare l’imposta di registro fino alla concorrenza di € 50.000,00.

La denuncia di successione

Deve essere eseguita entro un anno dalla morte del cuius ed ha effetti strettamente fiscali e tributari.

 

Naturalmente, quanto detto finora non è che una sintesi estremamente stringata della vicenda.

Successioni e divisione ereditaria sono materie vastissime e complesse.

La consulenza dell’avvocato è necessaria non solo per capire se esistano e quali siano eventuali diritti da esercitare ma anche per adottare, anche prima dell’apertura di una successione, le cautele necessarie per evitare lesioni della propria quota.

Avv. Simona Giorgi

https://avvocatosimonagiorgi.it/