Cos’è la prescrizione? Spiegato in modo semplice, si può dire che si tratta di un istituto giuridico che indica un termine entro il quale un diritto deve essere fatto valere. Superato questo termine, il diritto non si estingue ma non può più essere azionato.

Perché esiste la prescrizione?

L’istituto della prescrizione ha diverse finalità:

  • Certezza del diritto: decorso un certo periodo di tempo, le situazioni giuridiche si stabilizzano e non possono più essere modificate;
  • Incentivare l’esercizio dei diritti: le persone sono sollecitate ad esercitare i propri diritti tempestivamente;
  • Tutela degli interessi dei terzi: anche i soggetti estranei al rapporto tra le parti, ma che ne siano in qualche modo dipendenti, decorso il termine di prescrizione, sanno che anche la loro situazione rispetto si è ormai stabilizzata (ad esempio, nel caso di acquisti di beni immobili);

Come funziona la prescrizione?

Prescrizione e decadenza: qual è la differenza?

Spesso si confonde la prescrizione con la decadenza, ma sono due istituti diversi.

  • Prescrizione: è una sorta di sanzione per l’inerzia del titolare del diritto che, non avendolo esercitato entro il termine previsto, non può più agire per farlo valere;
  • Decadenza: si riferisce invece alla perdita di un diritto a causa del verificarsi di un evento specifico, previsto dalla legge.

È importante sottolineare che la prescrizione è un istituto complesso e che le regole possono variare a seconda del tipo di diritto e della situazione concreta. Pertanto, in caso di dubbi, è sempre consigliabile rivolgersi a un avvocato https://avvocatosimonagiorgi.it/contatti/.

Avv. Simona Giorgi

Cos’è la divisione ereditaria?

Quando più eredi sono comproprietari dei beni lasciati dal defunto, ognuno di loro può chiedere che si proceda alla divisione, ossia allo scioglimento della comunione e all’assegnazione dei beni che diventano, così, di proprietà esclusiva ed individuale degli ex partecipanti alla comunione ()

Lo scioglimento della comunione è consigliabile in ogni caso, anche se l’eredità non è particolarmente consistente, in quanto (ed un fatto, purtroppo, di comune esperienza) può costituire una causa di conflitti, ad esempio, sulla ripartizione delle spese, sulla manutenzione straordinaria di eventuali immobili etc.

Quali sono i modi per procedere alla divisione?

Esistono principalmente due modalità per procedere alla divisione ereditaria:

  1. Divisione consensuale:
    • Per atto notarile: È la modalità più semplice e rapida. Tutti i coeredi si mettono d’accordo sulla ripartizione dei beni e stipulano un atto notarile.
    • Per mediazione civile: Se i coeredi non riescono a trovare un accordo immediato, possono ricorrere alla mediazione civile, un procedimento più lungo ma che può aiutare a raggiungere una soluzione consensuale.
  2. Divisione giudiziale:
    • Se i coeredi non riescono a trovare un accordo neanche attraverso la mediazione, uno o più di essi possono rivolgersi al tribunale per chiedere la divisione giudiziale. In questo caso, sarà il giudice a stabilire come dividere i beni.

Quali sono le fasi della divisione ereditaria?

La divisione ereditaria, sia essa consensuale o giudiziale, prevede generalmente le seguenti fasi:

  1. Accertamento degli eredi: Si individua chi ha diritto a succedere al defunto.
  2. Liquidazione dell’attivo e del passivo: Si stima il valore dei beni ereditati (attivo) e dei debiti del defunto (passivo).
  3. Assegnazione dei beni: Si procede alla divisione dei beni tra i coeredi, tenendo conto delle quote ereditarie di ciascuno.
  4. Consegna dei beni: I beni vengono materialmente consegnati ai coeredi.

Cosa bisogna sapere sulla divisione ereditaria?

  • Tempi: I tempi per completare una divisione ereditaria variano molto a seconda della complessità della situazione e della volontà dei coeredi.
  • Costi: I costi della divisione ereditaria sono legati alle spese notarili, alle eventuali perizie, agli onorari degli avvocati e alle spese giudiziali.
  • Assistenza legale: È consigliabile rivolgersi a un avvocato esperto in materia successoria per farsi assistere durante tutto il procedimento.

Spero di aver chiarito i tuoi dubbi. Se hai altre domande, non esitare a chiedere!

Cause di Impedimento alla Divisione Ereditaria

La divisione ereditaria, come abbiamo visto, è il processo attraverso il quale i beni di un defunto vengono ripartiti tra i suoi eredi. Tuttavia, esistono delle situazioni specifiche in cui la divisione non può avvenire immediatamente o può essere sospesa temporaneamente. Queste situazioni sono definite cause di impedimento alla divisione.

Perché esistono queste cause?

Le cause di impedimento alla divisione hanno lo scopo di:

  • Tutelare i diritti di tutti gli eredi: Assicurare che anche coloro che potrebbero subentrare nell’eredità (come un nascituro o un potenziale figlio non riconosciuto) non vengano danneggiati.
  • Preservare l’integrità del patrimonio ereditario: Evitare che la divisione avvenga in modo affrettato o pregiudichi il valore complessivo dei beni.

Quali sono le principali cause di impedimento?

Il Codice Civile italiano (art. 715) indica le principali cause di impedimento alla divisione:

  • Eredità di un concepito: Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può avvenire fino alla sua nascita. Questo perché il concepito ha già diritto all’eredità e la divisione potrebbe pregiudicare la sua quota.
  • Pendenza di un giudizio sulla filiazione: Se è in corso un giudizio per accertare la filiazione di una persona che, in caso di esito positivo, avrebbe diritto all’eredità, la divisione deve essere sospesa.
  • Procedura amministrativa per il riconoscimento di un figlio: Analogamente al caso precedente, se è in corso una procedura per il riconoscimento di un figlio, la divisione è sospesa.
  • Cautele testamentarie: Il testatore può stabilire nel testamento delle cautele che impediscano la divisione per un certo periodo di tempo o fino al verificarsi di determinate condizioni (ad esempio, la maggiore età di tutti gli eredi).

Altre cause di impedimento

Oltre a quelle previste dalla legge, possono esistere altre cause di impedimento alla divisione, come ad esempio:

  • Contestazioni sulla legittimità dell’eredità: Se uno o più eredi contestano la legittimità dell’eredità di altri coeredi, la divisione può essere sospesa fino alla risoluzione della controversia.
  • Esistenza di debiti ereditari non liquidati: Se non sono stati liquidati tutti i debiti del defunto, la divisione può essere sospesa fino a quando non sarà possibile determinare l’esatto ammontare dell’attivo ereditario disponibile per la divisione.

Conseguenze dell’impedimento alla divisione

Quando sussiste una causa di impedimento alla divisione, la comunione ereditaria si protrae fino a quando la causa di impedimento viene meno. Durante questo periodo, i coeredi sono tenuti a gestire in comune i beni ereditari e a sopportarne i costi di manutenzione.

Disclaimer: Le informazioni fornite hanno carattere puramente informativo e non costituiscono consulenza legale. Per una consulenza personalizzata https://avvocatosimonagiorgi.it/contatti/

 

Cos’è un Accertamento Tecnico Preventivo?

L’accertamento tecnico preventivo (ATP) è uno strumento giuridico che permette di verificare in anticipo, prima dell’inizio di un giudizio, lo stato dei luoghi o le condizioni di determinate cose. Questo accertamento è particolarmente utile quando esiste l’urgenza di preservare delle prove o di stabilire una determinata situazione di fatto prima che possa subire modifiche.

E’ disciplinato dagli artt. 696 e ss. del codice di procedura civile (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1940-10-28;1443)

Quando si Ricorre all’ATP?

L’ATP viene spesso utilizzato in casi come:

  • Danni a cose: Ad esempio, per verificare i danni causati da un incidente stradale o da un evento atmosferico.
  • Contenzioni immobiliari: Per accertare lo stato di un immobile, la presenza di vizi o difformità rispetto al contratto.
  • Dispute familiari: In casi di separazione o divorzio, per valutare la divisione dei beni.
  • Infortunistica sul lavoro: Per accertare le cause di un infortunio e le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro.

 

Come Funziona l’ATP?

La parte interessata presenta una richiesta al tribunale competente, motivando l’urgenza dell’accertamento.

Il tribunale provvede quindi a nominare un consulente tecnico d’ufficio (CTU), un esperto nel settore specifico (ingegnere, architetto, medico, ecc.) che effettuerà l’accertamento, sui luoghi o sulla persona.

Il CTU provvede poi al deposito della sua relazione in tribunale, che viene poi utilizzata nel corso del successivo giudizio con valore di piena prova

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Perché è Importante l’ATP?

L’ATP permette di fissare lo stato dei luoghi o delle cose in un determinato momento, evitando che possano essere alterati o distrutti, inoltrre può semplificare e accelerare il processo giudiziario, evitando la necessità di ripetere le stesse operazioni durante il successivo giudizio di merito, salva la possibilità di definire la controversia già nel corso dell’ATP quando al CTU è rimessa anche la possibilità di formulare proposte conciliative.

 

Costi dell’ATP

I costi dell’ATP sono a carico della parte che ha richiesto l’accertamento e comprendono:

  • Contributo unificato: Un importo fisso previsto dalla legge, progressivo rispetto al valore della causa.
  • Compenso del CTU: Un compenso stabilito dal tribunale in base alla complessità dell’incarico.
  • Spese vive: Le spese sostenute dal CTU per effettuare l’accertamento (viaggi, perizie, ecc.).

Avvertenze

  • Tempestività: È fondamentale presentare la richiesta di ATP in modo tempestivo, prima che la situazione possa subire modifiche.
  • Consulenza legale: È consigliabile rivolgersi a un avvocato per una consulenza specifica sulla fattispecie concreta e per assistere nelle procedure.

 

Disclaimer: Le informazioni fornite hanno carattere puramente informativo e non costituiscono consulenza legale. Per una consulenza personalizzata, si consiglia di richiedere un appuntamento (https://avvocatosimonagiorgi.it/contatti/)

Come si scioglie un contratto? è una delle domande poste più di frequente all’avvocato.

Uno dei rimedi previsti dalla legge per sciogliere un contratto è quello della risoluzione contrattuale che opera in caso di inadempimento di una delle parti o per altre cause previste dalla legge o dal contratto stesso.

La risoluzione può avvenire principalmente in due modi: per effetto di una clausola contrattuale oppure tramite una pronuncia giudiziale.

In generale, essa è disciplinata dagli artt. 1453 e seguenti del Codice Civile https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1942-03-16;262

Quali sono i tipi di Risoluzione Contrattuale?

1. Risoluzione per inadempimento: Se una delle parti non adempie agli obblighi contrattuali, l’altra parte ha il diritto di risolvere (cioè di sciogliere) il contratto. Questo può avvenire solo se l’inadempimento è di una certa gravità.

2. Risoluzione per mutuo consenso. Le parti possono decidere di sciogliere un contratto di comune accordo, senza necessità di giustificare la decisione.

3. Risoluzione per impossibilità sopravvenuta. Se, successivamente alla conclusione del contratto, diviene impossibile adempiere a causa di eventi non prevedibili e non imputabili a una delle parti, il contratto può essere risolto.

4. Risoluzione per giusta causa. In alcuni casi, la legge prevede che una parte possa sciogliere un contratto in presenza di circostanze eccezionali che giustifichino tale scelta.

Qual è la procedura di Risoluzione?

La risoluzione può avvenire mediante:

– Dichiarazione unilaterale: La parte che intende risolvere il contratto deve informare l’altra parte della sua decisione, spesso attraverso una comunicazione scritta.

– Richiesta di adempimento o di risarcimento: Prima di procedere alla risoluzione, può essere necessario inviare un “invito ad adempiere” o una “diffida”, a meno che l’inadempimento sia così grave da giustificare la risoluzione immediata.

Quali sono gli effetti della Risoluzione?

– Restituzione delle prestazioni: In genere, le parti devono restituirsi le prestazioni ricevute fino al momento della risoluzione.

– Risarcimento del danno: La parte che ha subito il danno a causa dell’inadempimento può richiedere un risarcimento.

Conclusioni

La risoluzione contrattuale è uno strumento importante per garantire l’equità e la giustizia nei rapporti contrattuali, permettendo alle parti di tutelarsi in caso di inadempimento o altre situazioni che compromettano l’equilibrio del contratto. È consigliabile consultare un legale (https://avvocatosimonagiorgi.it/)per gestire adeguatamente la risoluzione di un contratto e per capire le specifiche norme previste dal sistema giuridico di riferimento e ciò in quanto, per alcuni specifici tipi contrattuali, possono essere previste dalla legge specifiche procedure da attivare entro precisi termini.

 

La responsabilità civile è un istituto giuridico che si riferisce all’obbligo di un soggetto di risarcire un danno causato a un altro soggetto a seguito di un comportamento illecito o dell’inadempimento di obblighi contrattuali.

Essa si fonda sul principio che chi provoca un danno a terzi, sia con un’azione diretta che con una negligenza, deve rimediare a tale danno (neminem laedere).

Le norme di riferimento sono gli artt. 1218 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1942-03-16;262 e 2043 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1942-03-16;262 del codice civile.

 

Tipi di Responsabilità Civile

 

  1. Responsabilità Civile Contrattuale: Sussiste quando una parte non rispetta gli obblighi previsti da un contratto. In questo caso, la parte danneggiata può richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento.

 

  1. Responsabilità Civile Extracontrattuale (o aquliana): sussiste quando un soggetto causa un danno a un altro senza che ci sia un contratto tra le parti. Qui si applica il principio che chi causa un danno a un’altra persona è tenuto a ripararlo, a meno che non riesca a dimostrare di aver agito senza colpa.

 

Elementi della Responsabilità Civile

 

Perché si configuri la responsabilità civile, generalmente devono sussistere tre elementi fondamentali:

 

  1. Danno: deve verificarsi un danno effettivo subito dalla vittima, che può essere di natura patrimoniale (ad esempio, danni a beni) o non patrimoniale (ad esempio, danni alla persona o al sentimento, c.d. danni morali).

 

  1. Illiceità: l’azione o l’omissione che ha provocato il danno deve essere considerata contraria alle norme giuridiche, quindi illecita (si veda, ad esempio,https://avvocatosimonagiorgi.it/diffamazione-nei-social/.)

 

  1. Nesso di Causalità: deve esistere un collegamento diretto tra il comportamento del soggetto e il danno subito dalla vittima.

 

Esclusioni e Limitazioni

 

In alcuni casi, la responsabilità civile può essere esclusa o limitata, come ad esempio:

 

– Quando il danno è stato causato da forza maggiore.

– Quando il soggetto che ha causato il danno ha agito in stato di necessità o in legittima difesa.

– In alcune situazioni, il danno può essere considerato non risarcibile se causato da un comportamento del danneggiato stesso.

 

Conclusione

 

La responsabilità civile è un aspetto fondamentale del diritto civile, mira infatti a garantire che le persone rispondano delle proprie azioni e che coloro che subiscono un danno abbiano la possibilità di ricevere un risarcimento per le perdite subite. Questo principio promuove l’ordine sociale e la tutela dei diritti individuali.

Avv. Simona Giorgi

RECUPERO CREDITI

quando il debitore è una società estinta

Il recupero verso una società cancellata può essere complicato, ma ci sono alcune opzioni da considerare:

  1. Verifica della cancellazione: Innanzitutto è bene controllare se la società è stata effettivamente cancellata dal registro delle imprese https://www.registroimprese.it/variazioni-e-chiusura o se si tratta di una sospensione temporanea. In alcuni casi, le società possono essere liquidate, ma potrebbero esserci ancora beni disponibili per il soddisfacimento dei creditori.
  2. Contattare i liquidatori: se è in corso il procedimento di liquidazione, esiste il liquidatore che è espressamente incaricato di gestire i debiti della società. Contattare i liquidatori per presentare le proprie ragioni di credito può essere una buona strategia per ottenere il pagamento del dovuto.
  3. Verificare la pendenza di procedimenti di insolvenza: Se la società è stata dichiarata insolvente, è possibile partecipare alla procedura di fallimento e insinuarsi al passivo per poi partecipare alla distribuzione del ricavato.
  4. Verifica la responsabilità personale dei soci e degli amministratori: in alcuni casi, i soci o i dirigenti della società possono essere ritenuti personalmente responsabili per i debiti sociali, specialmente se ci sono state condotte illecite o se la società è stata gestita in modo fraudolento (https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.versione=3&art.idGruppo=323&art.flagTipoArticolo=2&art.codiceRedazionale=042U0262&art.idArticolo=2495&art.idSottoArticolo=1&art.idSottoArticolo1=10&art.dataPubblicazioneGazzetta=1942-04-04&art.progressivo=0#:~:text=2495)-,Art.,disposto%20dal%20secondo%20comma)).)

Il recupero del credito verso una società cancellata è possibile ma è anche importante agire con tempestività.

È consigliabile consultare un avvocato specializzato nel recupero crediti https://avvocatosimonagiorgi.it/recupero-crediti-decreto-ingiuntivo/.

Un professionista può offrirti una consulenza mirata e aiutarti a recuperare il dovuto.

 

Sul pagamento del compenso del CTU e su chi siano i soggetti tenuti a corrisponderlo, si riporta un caso trattato dal mio studio.

Il fatto

Un medico veniva nominato CTU nell’ambito di un giudizio civile, prestava il giuramento di rito e dava corso alle operazioni peritali, depositando nei termini assegnati la bozza preliminare e la relazione conclusiva, unitamente all’istanza di liquidazione https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1940-10-28;1443.

Nel frattempo, le parti in causa giungevano ad un accordo stragiudiziale e il legale di una di loro scriveva al CTU invitandolo a sospendere le operazioni; questi replicava evidenziando che l’ordine di sospensione delle operazioni peritali poteva provenire soltanto dal Giudice e non dalle perti stesse.

La causa veniva poi cancellata dal ruolo ai sensi dell’art. 309 c.p.c. senza che il Giudice provvedesse a liquidare il compenso del CTU.

A questo punto, l’interessato si rivolgeva al sottoscritto Avvocato che, previo ottenimento del visto di congruità sulla parcella del professionista da parte dell’Ordine professionale di appartenenza, richiedva nei confronti di tutte le parti della causa originaria un decreto ingiuntivo (cfr. il mio articolo https://avvocatosimonagiorgi.it/recupero-crediti-decreto-ingiuntivo/) avverso il quale gli ingiunti, con due distinti atti, propronevano opposizione.

Il giudizio di opposizione

Secondo le tesi degli opponenti, non sussisteva il diritto al compenso del CTU in quanto le parti in causa gli avevano comunicato di non intendere più di avvalersi della sua opera (con una comunicazione diretta al consulente ma non fatta oggetto di una apposita istanza al Tribunale).

La difesa del CTU ribadiva che in assenza di un provvedimente espresso del Giudice istruttore il CTU doveva portare a termine il suo incarico e che le difese delle parti avversarie si palesavano del tutto infondate e finalizzate unicamente a ritardare il pagamento del compenso.

Il sottoscritto Avvocato, ancora, argomentava che il provvedimento di estinzione del giudizio civile non poteva in nessun caso pregiudicare il diritto del CTU al pagamento e che tutte le parti in causa, in solido tra loro, erano tenute a pagare il compenso del CTU.

Il Giudice di Pace di Roma definiva il giudizio con sentenza di rigetto (cliccare qui per leggerla), condividendo integralmente le difese del CTU.

Per effetto della sentenza, tutte le parti oltre al compenso, sono state condannate al pagamento delle spese e degli onorari della fase del decreto ingiuntivo e del giudizio di opposizione.

La azione revocatoria ordinaria è disciplinata dall’art. 2901 del codice civile.

Oggetto dell’azione revocatoria sono tutti gli atti disposizione del patrimonio del debitore, a titolo oneroso e gratuito, anche se sottoposti a condizione, anche se oggetto di giudizio (il c.d. credito litigioso), di beni immobili, mobili e anche di diritti di credito nonché di prestazioni di garanzia.

 

I PRESUPPOSTI DELL’AZIONE

L’azione revocatoria può essere intentata dal creditore contro il suo debitore quando sussistono questi requisiti preliminari:

  1. Il debitore deve essere consapevole del pregiudizio che l’atto di disposizione arreca alle ragioni del creditore. Naturalmente questa circostanza deve essere oggetto di specifica prova da parte dell’attore in giudizio.
  2. Se l’atto è anteriore al sorgere del credito deve essere stato compiuto con l’intenzione specifica di pregiudicare il soddisfacimento del credito;
  3. Il terzo deve essere consapevole che l’atto è lesivo delle ragioni del credito e se si tratta di atto a titolo gratuito deve esserne compartecipe;
  4. L’azione deve essere esercitata entro cinque anni dal compimento dell’atto e la domanda deve essere trascritta quando di tratta di beni immobili o mobili registrati.

 

GLI EFFETTI DELL’AZIONE

Il vittorioso esperimento dell’azione revocatoria comporta, soltanto per il creditore che abbia esercitato questa azione, il diritto di sottoporre ad esecuzione forzata i beni oggetto dell’atto di disposizione pregiudizievole, nei confronti del terzo, in quanto – essendo l’atto inefficace nei suoi confronti – è come se non fosse mai venuto ad esistenza.

L’art. 2902 del codice civile https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1942-03-16;262 al primo comma infatti dispone: “il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato.

 

Su questo tema specifico segnalo una sentenza del Tribunale di Latina (per leggerla cliccare qui), confermata dalla Corte d’Appello di Roma (qui il testo integrale) che ha accolto la domanda di revocatoria ordinaria promossa da due creditori, patrocinati dalla sottoscritta Avvocata ( https://avvocatosimonagiorgi.it/chi-sono/ ).

 

Il recupero del credito può essere efficacemente realizzato con la c.d. “revocatoria semplificata”. Si tratta di un utile strumento che può essere attuato quando un creditore abbia difficoltà a recuperare le somme che gli sono dovute perché il debitore si è spogliato dei suoi beni, o perché li ha donati o trasferiri a titolo gratuito o perché li ha in qualche modo vincolati. L’azione è disciplinata dall’art. 2929 bis del codice civile.

https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.versione=2&art.idGruppo=405&art.flagTipoArticolo=2&art.codiceRedazionale=042U0262&art.idArticolo=2929&art.idSottoArticolo=2&art.idSottoArticolo1=10&art.dataPubblicazioneGazzetta=1942-04-04&art.progressivo=0.

 

I PRESUPPOSTI DELL’AZIONE PER UN EFFICACE RECUPERO DEL CREDITO

L’azione disciplinata dall’art. 2929 bis c.c. si esperisce nel rispetto di questi presupposti:

  1. Il creditore deve essere munito di un titolo esecutivo
  2. Il debitore deve avere pregiudicato i suoi diritti con un atto di disposizione patrimoniale di costituzione di un vincolo di indisponibilità o di alienazione a titolo gratuito
  3. Oggetto dell’atto pregiudizievole devono essere beni immobili o mobili registrati (https://avvocatosimonagiorgi.it/beni-immobili-definizione-e-acquisizione/)
  4. Il creditore pregiudicato deve trascrivere il suo pignoramento entro un anno dalla data di trascrizione dell’atto pregiudizievole

 

CARATTERI DELL’AZIONE

L’azione promossa dal creditore è il pignoramento (di beni immobili o beni mobili registrati) effettuato non già nei confronti del debitore originario bensì nei confronti del suo avente causa. Il secondo comma dell’art. 2929 bis c.c., infatti, precisa che “il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario ed è preferito ai creditori personali di costui nella distribuzione del ricavato”.

In sostanza, il creditore che si avvale di questa azione va a soddisfarsi su un bene che fa parte del patrimonio di un terzo ma che per un anno dal trasferimento o dalla costituzione del vincolo resta compreso fra tutti i beni del debitore che garantiscono la sua responsabilità patrimoniale ai sensi dell’art. 2740 c.c.

 

Il termine di un anno è un termine perentorio di decadenza; ne segue che se questa azione non viene coltivata con tempestività il creditore dovrà avvalersi della revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. e che sarà oggetto di un successivo approfondimento.

Avv. Simona Giorgi

l’impugnazione delle delibere assembleari adottate dall’assemblea di condominio è disciplinata dall’art. 1137 del codice civile. Questo rimedio è diretto ad annullare la delibera ma, si noti bene, in pendenza del giudizio di impugnazione la delibera resta valida ed efficace, a meno che non se ne sia ottenuta la sospensione, come si dirà più avanti.

 

Chi può impugnare la delibera assembleare?

 

Possono impugnare le delibere assembleari il condòmino assente, quello dissenziente e quello astenuto ma anche quello sostituito con delega che non ratifichi il voto del delegato.

 

Il condòmino presente che abbia espresso voto favorevole può impugnare la delibera soltanto nei casi di nullità, casi che non sono previsti dalla legge ma sono stati elaborati dalla giurisprudenza e che sono molto particolari ed anche molto rari.

 

Il termine per proporre l’impugnazione è di trenta giorni (ed è un termine perentorio di decadenza) dalla data dell’assemblea per i presenti contrari o astenuti e dalla data di comunicazione del verbale per gli assenti.

 

Nei casi di nullità della delibera l’impugnazione può essere proposta senza termini di decadenza.

 

Per quali motivi si può impugnare una delibera assembleare?

 

I motivi di impugnazione possono attenere alla irregolare costituzione dell’assemblea, alla violazione della legge o del regolamento di condominio, alle maggioranze necessarie per deliberare o a vizi di forma.

 

La sospensione dell’efficacia della delibera

 

L’impugnazione, come detto, non sospende automaticamente l’efficacia della delibera. La sospensione può essere concessa dal giudice in corso di causa oppure, in via preventiva, qualora venga proposto un ricorso in via cautelare (nello stesso termine di trenta giorni) che deve essere motivato sia sul piano del c.d. periculum in mora (ossia del pregiudizio grave che il ricorrente potrebbe subire dalla sua esecuzione) che del fumus boni iuris (cioè delle buone ragioni a sostegno dell’istanza)

 

Mediazione obbligatoria

 

In materia condominiale, prima di iniziare il giudizio in tribunale, è necessario esperire un procedimento di mediazione presso un organismo abilitato.

Il termine di 30 giorni per l’impugnazione delle delibere assembleari, quindi, si intende rispettato quando sia stato avviato tempestivamente il procedimento di mediazione.

In caso di fallimento dello stesso decorrerà un ulteriore termine di 30 giorni per introdurre la causa in tribunale conteggiato dalla data di sottoscrizione del verbale negativo.

 

Avv. Simona Giorgi

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