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Parlando di diritto penale sostanziale, voglio segnalare il mio contributo pubblicato sulla rivista SALVIS JIURIBUS. Si è presa in esame la materia dell’elemento psicologico del soggetto attivo dell’autore del fatto, soprattutto sul piano dell’esclusione della responsabilità http://www.salvisjuribus.it/le-cause-di-giustificazione-reali-e-putative/

Più in particolare, sono state trattate le cosiddette cause di giustificazione o esimenti (legittima difesa, stato di necessità, esercizio di un diritto, consenso dell’avente diritto, adempimento di un dovere, uso legittimo delle armi) e, in particolare, le conseguenze derivanti dall’avere supposto esistente una o più di queste circostanze.

Qualora, infatti, la situazione percepita non sia effettivamente esistente può accadere che l’autore del fatto debba comunque risponderne penalmente.

Gli articoli del codice penale di riferimento sono: art. 47 (errore di fatto), art. 55 comma 1 (eccesso colposo) e art. 59 (circostanze non conosciute o erroneamente supposte), da coordinare con l’art. 43 che definisce i titoli soggettivi del reato, distinguendo tra dolosi, colposi e preterintenzionali.

L’art. 43 C.P. recita testualmente: “Il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;
è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o contro l’intenzione quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico”.

Il tema è stato oggetto della mia tesi di laurea in diritto penale presso l’Università di Roma La Sapienza.

 

 

È ormai da tempo diffusissima la visione di film e l’ascolto di musica al di fuori dei canali convenzionali (ad esempio l’acquisto del supporto analogico o digitale che lo contiene, il pagamento dell’abbonamento del servizio streaming etc), scaricare, però, film, musica o altri files “pirata” è sempre illecito, sia pure con sfumature diverse ed è reato.

La legge di riferimento in materia è il R.D. 633/1941 (c.d. Legge sul diritto d’autore https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1941-04-22;633 ) il cui art. 174 ter dispone che “chiunque abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo, duplica, riproduce, in tutto o in parte, con qualsiasi procedimento, anche avvalendosi di strumenti atti ad eludere le misure tecnologiche di protezione, opere o materiali protetti, oppure acquista o noleggia supporti audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della presente legge, ovvero attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche è punito, purché il fatto non concorra con i reati di cui agli articoli 171 , 171-bis , 171-ter , 171- quater , 171-quinquies , 171-septies e 171-octies , con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 154 e con le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale”.

Detto in parole semplici, ogni utilizzo di un’opera dell’ingegno al di fuori dei canali previsti dalla legge (anche il semplice acquisto del cd “non originale” sulla bancarella) costituisce un illecito amministrativo soltanto se eseguita senza scopo di lucro mentre diventa un reato se effettuata con la cosciente volontà di trarre un guadagno dalla diffusione dell’opera stessa.

Sulla finalità specifica di lucro la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare con sentenza n. 55009 del 18.7.2018 che “in tema di tutela penale del diritto d’autore, per la sussistenza dei reati previsti dall’art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, si richiede il fine di lucro, che ricorre quando la condotta è volta a conseguire vantaggi economicamente valutabili e la cui concreta realizzazione non è tuttavia necessaria ai fini del perfezionamento delle fattispecie”.

Per approfondire la materia consigliamo comunque un consulto presso il nostro Studio Legale, per analizzare nello specifico la fattispecie concreta.