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La responsabilità civile è un istituto giuridico che si riferisce all’obbligo di un soggetto di risarcire un danno causato a un altro soggetto a seguito di un comportamento illecito o dell’inadempimento di obblighi contrattuali.

Essa si fonda sul principio che chi provoca un danno a terzi, sia con un’azione diretta che con una negligenza, deve rimediare a tale danno (neminem laedere).

Le norme di riferimento sono gli artt. 1218 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1942-03-16;262 e 2043 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1942-03-16;262 del codice civile.

 

Tipi di Responsabilità Civile

 

  1. Responsabilità Civile Contrattuale: Sussiste quando una parte non rispetta gli obblighi previsti da un contratto. In questo caso, la parte danneggiata può richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento.

 

  1. Responsabilità Civile Extracontrattuale (o aquliana): sussiste quando un soggetto causa un danno a un altro senza che ci sia un contratto tra le parti. Qui si applica il principio che chi causa un danno a un’altra persona è tenuto a ripararlo, a meno che non riesca a dimostrare di aver agito senza colpa.

 

Elementi della Responsabilità Civile

 

Perché si configuri la responsabilità civile, generalmente devono sussistere tre elementi fondamentali:

 

  1. Danno: deve verificarsi un danno effettivo subito dalla vittima, che può essere di natura patrimoniale (ad esempio, danni a beni) o non patrimoniale (ad esempio, danni alla persona o al sentimento, c.d. danni morali).

 

  1. Illiceità: l’azione o l’omissione che ha provocato il danno deve essere considerata contraria alle norme giuridiche, quindi illecita (si veda, ad esempio,https://avvocatosimonagiorgi.it/diffamazione-nei-social/.)

 

  1. Nesso di Causalità: deve esistere un collegamento diretto tra il comportamento del soggetto e il danno subito dalla vittima.

 

Esclusioni e Limitazioni

 

In alcuni casi, la responsabilità civile può essere esclusa o limitata, come ad esempio:

 

– Quando il danno è stato causato da forza maggiore.

– Quando il soggetto che ha causato il danno ha agito in stato di necessità o in legittima difesa.

– In alcune situazioni, il danno può essere considerato non risarcibile se causato da un comportamento del danneggiato stesso.

 

Conclusione

 

La responsabilità civile è un aspetto fondamentale del diritto civile, mira infatti a garantire che le persone rispondano delle proprie azioni e che coloro che subiscono un danno abbiano la possibilità di ricevere un risarcimento per le perdite subite. Questo principio promuove l’ordine sociale e la tutela dei diritti individuali.

Avv. Simona Giorgi

Il ricorso davanti al Giudice di Pace

Segnalo il mio contributo pubblicato sulla rivista SalviJuribus, in materia di ricorso davanti al Giudice di Pace con particolare riguardo ai casi di opposizione a decreto ingiuntivo e opposizione all’esecuzion, così come risulta dopo la riforma Cartabia del processo civile, entrata in vigore lo scorso 28 febbraio 2023 (Avvocato Simona Giorgi: CV ed Esperienze Professionali).

La riforma ha, infatti, disposto che le cause di competenza del Giudice di Pace dovranno essere trattate secondo il nuovo “rito semplificato di cognizione”, disciplinato dagli artt. 281 decies del c.p.c., ponendo così all’avvocato la soluzione di un problema non sicuramente banale: posto che gli artt. 645 e 615 comma I c.p.c., non interessati dalla riforma, prescrivono che l’opposizione al decreto ingiuntivo e l’opposizione all’esecuzione si propongono con atto di citazione, cosa succede quando il Giudice competente per materia e/o valore è il Giudice di Pace, il ricorso al Giudice di Pace esclude sempre l’atto di citazione?

Nel contributo segnalato si tenta di offrire una soluzione al quesito, coordinando tra loro le disposizioni di legge, tenendo presente le opinioni espresse dalla dottrina oltre ai protocolli redatti da alcuni Uffici Giudiziari.

Con il nuovo procedimento, tutte le controversie davanti al Giudice di Pace si introducono con ricorso e non più con atto di citazione, cambiano i termini di costituzione in giudizio, cambia la trattazione della causa.

Inoltre dal 30 giugno 2023 anche l’Ufficio del Giudice di Pace è stato informatizzato sicchè l’avvocato è tenuto ad avvalersi del PCT (Processo Civile Telematico) provvedendo ad iscrivere e depositare tutti gli atti soltanto con questa modalità. Anche le udienze saranno trattate in via telematica.

La riforma Cartabia del processo civile ha, quindi, non solo cambiato il rito ma anche le modalità pratiche di gestione dei fascicoli e delle cause.

L’opposizione a decreto ingiuntivo e all’esecuzione davanti al giudice di pace | Salvis Juribus

separazione con addebito: cosa significa

Secondo l’art. 151 c.c. il giudice, se ne ricorrono le circostanze e se almeno una delle parti ne fa richiesta, pronunciando la separazione, dichiara a quale dei coniugi sia addebitabile, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri del matrimonio. Si tratta, in poche parole, di quella che un tempo veniva chiamata “separazione per colpa” ( https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:codice.civile:1942-03-16;262 )

Dalla disposizione succitata si evince, intanto, che la dichiarazione di addebito imputa il fallimento del matrimonio a quello dei coniugi che abbia violato i doveri che ne discendono e che sono elencati dall’art. 143 c.c., ossia il dovere di fedeltà, di assistenza morale e materiale, di coabitazione, di collaborazione anche economica in proporzione alle rispettive sostanze e redditi, nonché – non per ultimi – i doveri riguardo ai figli (art. 147 c.c.).

separazione con addebito: casisitica

È importante però sottolineare che le violazione contestate ed eventualmente accertate debbono essere causa e non effetto della rottura.

Così, sull’infedeltà coniugale, la giurisprudenza è costante nel distinguere tra quella causa della crisi matrimoniale e quella conseguenza di quella stessa crisi. Soltanto la prima può costituire motivo di addebito, non certo la seconda. Di contro, è stato anche precisato che anche la mera relazione platonica e non consumata può dare luogo a pronuncia di addebito della separazione se condotta ed esibita con modalità tali da ledere la dignità, l’onore e il decoro dell’altro coniuge.

Quanto alla violazione dell’obbligo di coabitazione (il c.d. abbandono del “tetto coniugale”), se questa sia avvenuta per sottrarsi alla intollerabilità della convivenza non può costituire motivo di addebito. In casi diversi, l’abbandono dell’abitazione coniugale non solo può diventare motivo di addebito ma può costituire anche reato nei casi previsti dall’art. 570 del codice penale.

Analogamente per la violazione del dovere di assistenza morale e materiale. Il coniuge che non provveda a contribuire al mantenimento dell’altro e/o dei figli non solo può vedersi addebitata la separazione ma può anche commettere il delitto di violazione degli obblighi di assistenza famigliare.

separazione con addebito: conseguenze

Spetta al coniuge che lo chieda, dare la prova dei fatti costitutivi dell’addebito, prova che può essere data con ogni mezzo, sia diretto che documentale.

Il coniuge cui sia addebitata la separazione perde il diritto al mantenimento da parte dell’altro ma conserva quello agli alimenti, ossia il diritto di chi versa in stato di bisogno e non ha i mezzi per provvedere autonomamente a vedersi erogato l’indispensabile per vivere.

Inoltre, il coniuge separato con addebito è escluso dall’eredità dell’altro.

Le conseguenze, dunque, sono di carattere strettamente patrimoniale.

https://avvocatosimonagiorgi.it/diritto-di-famiglia/

Parlando di diritto penale sostanziale, voglio segnalare il mio contributo pubblicato sulla rivista SALVIS JIURIBUS. Si è presa in esame la materia dell’elemento psicologico del soggetto attivo dell’autore del fatto, soprattutto sul piano dell’esclusione della responsabilità http://www.salvisjuribus.it/le-cause-di-giustificazione-reali-e-putative/

Più in particolare, sono state trattate le cosiddette cause di giustificazione o esimenti (legittima difesa, stato di necessità, esercizio di un diritto, consenso dell’avente diritto, adempimento di un dovere, uso legittimo delle armi) e, in particolare, le conseguenze derivanti dall’avere supposto esistente una o più di queste circostanze.

Qualora, infatti, la situazione percepita non sia effettivamente esistente può accadere che l’autore del fatto debba comunque risponderne penalmente.

Gli articoli del codice penale di riferimento sono: art. 47 (errore di fatto), art. 55 comma 1 (eccesso colposo) e art. 59 (circostanze non conosciute o erroneamente supposte), da coordinare con l’art. 43 che definisce i titoli soggettivi del reato, distinguendo tra dolosi, colposi e preterintenzionali.

L’art. 43 C.P. recita testualmente: “Il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;
è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o contro l’intenzione quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico”.

Il tema è stato oggetto della mia tesi di laurea in diritto penale presso l’Università di Roma La Sapienza.

 

 

Assegno di mantenimento e assegno di divorzio

Nella patologia del rapporto coniugale suscita molta conflittualità la determinazione degli assegni di mantenimento per il coniuge e dell’assegno di divorzio per l’ex coniuge. Nonostante si pensi siano pressoché identici non è così. Per prima cosa è utile quindi capire la differenza che intercorre tra assegno di mantenimento e assegno divorzile.

Assegno di mantenimento: come si determina

L’art. 156 cod. civ. statuisce che “il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.

Dalla lettura dell’articolo si ricavano i primi criteri che il Giudice deve seguire per determinare, innanzitutto, se esista il diritto all’assegno di mantenimento (quindi se al soggetto cui deve essere attribuito sia o no addebitabile la separazione e se questo disponga o no di redditi propri adeguati), ed in secondo luogo, a quanto debba ammontare. Ebbene, l’importo dell’assegno deve essere in linea con i redditi dell’obbligato e al tempo stesso sufficiente a garantire il mantenimento del beneficiario. Il livello del mantenimento è valutato con riferimento al tenore di vita della coppia durante il matrimonio e, quindi, più il tenore di vita sia stato alto più alto sarà l’assegno.

Non si deve confondere l’assegno di mantenimento con gli alimenti. Gli alimenti spettano a chi si trovi in stato di bisogno e consistono nell’attribuzione di una somma necessaria a soddisfare le necessità primarie e fondamentali di vita.

Assegno di divorzio: come si determina

L’assegno di divorzio è invece disciplinato dalla Legge 898/1970 il cui art. 5 comma 6 dispone: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

Fino a due anni fa, nella prassi, c’era un certo automatismo nel liquidare l’assegno divorzile in misura corrispondente all’assegno di mantenimento ma recenti arresti della giurisprudenza della Corte di Cassazione hanno ridisegnato l’istituto.

Il criterio del tenore di vita precedentemente goduto non è più preso in considerazione ma si tiene conto, valutati in ogni caso i redditi e il patrimonio delle parti, del contributo che l’ex coniuge alla formazione del patrimonio familiare e alle sue condizioni personali, commisurando l’assegno alla quantità e qualità del contributo dato di cui si è detto.

In ogni caso è sempre consigliabile rivolgersi ad un buon avvocato, che possa assistere durante tutto l’iter della separazione e/o del divorzio, compresa la determinazione degli assegni spettanti.

https://avvocatosimonagiorgi.it/diritto-di-famiglia/ 

https://tribunale-latina.giustizia.it/it/come_fare_per.page?macro_area=area_civ&subarea_1=famiglia_e_persone_famiglia