In questi giorni vicenda del gattino Leone, triste, tragica, spaventosa, ha profondamente commosso ed indignato migliaia di persone, compresa la scrivente.
Il cucciolo di gatto è stato sottoposto a sevizie indicibili e, nonostante gli sforzi disperati dei veterinari e di tutti gli operatori che hanno fatto di tutto per salvarlo, il piccolo non ce l’ha fatta.
Abbiamo tutti visto quali gravi ferite fossero state inferte all’animaletto ed udito i suoi lamenti strazianti.
Ora si chiede a gran voce che il responsabile o i responsabili di tanta feroce crudeltà siano identificati e processati.
Lo speriamo tutti ma, purtroppo, questi criminali non rischieranno molto.
L’art. 544 ter del nostro codice penale https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.versione=2&art.idGruppo=50&art.flagTipoArticolo=1&art.codiceRedazionale=030U1398&art.idArticolo=544&art.idSottoArticolo=3&art.idSottoArticolo1=10&art.dataPubblicazioneGazzetta=1930-10-26&art.progressivo=0#:~:text=Chiunque%2C%20per%20crudelta%27%20o%20senza,5.000%20a%2030.000%20euro))., infatti, dispone che: “1. Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. 2. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. 3. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale” ed, in virtù di questa disposizione, il colpevole o i colpevoli potrebbero non scontare mai nemmeno un solo giorno di carcere, viste le disposizioni vigenti dell’ordinamento penitenziario.
Il reato di maltrattamenti o uccisione di un animale è stato inserito nel codice penale appena 20 anni fa, dalla legge n. 189 del 2004, andando a colmare un vuoto normativo di cui si avvertiva fortemente la necessità e, tutt’oggi, secondo il codice civile gli animali sono paragonati a mere “cose”.
È evidente che lo stato attuale della legislazione civile e penale non è sufficiente a reprimere con efficacia la crudeltà verso gli animali, considerato anche che negli ultimi anni i casi sembrano essersi moltiplicati, anche per mano di individui di giovane età dai quali ci si aspetterebbe una maggiore sensibilità ed empatia nei confronti di tutti gli esseri senzienti e che, invece, non esitano a pubblicare post in cui si fanno vanto di avere esercitato un atto di brutalità gratuita nei confronti di un essere indifeso, in balia della loro violenza.
Personalmente auspico una prossima riforma dell’art. 544 ter c.p. che preveda pene molto più severe oltre all’applicazione di misure di sicurezza nei confronti dei colpevoli. Non può essere sottaciuto che la violenza contro gli animali è un segnale molto preoccupante indice di psicopatologie molto gravi, basti ricordare che alcuni tra i più efferati serial killer (non ultimo Jeffrey Dahmer, il cosiddetto “cannibale di Milwaukee”) prima di diventare assassini di esseri umani sono stati assassini e torturatori di animali.
Occorre quindi cambiare prospettiva e smettere di pensare che si tratta “soltanto” di un gatto o di un cane e preoccuparsi seriamente. Qualunque atto di crudeltà, anche quello che appare minimo o insignificante, deve essere denunciato e se tra i nostri famigliari c’è qualcuno che manifesta indizi di questa pericolosa tendenza deve essere nostra precisa responsabilità indurlo ad affidarsi ad un bravo specialista, prima che il danno diventi irreparabile.
Intanto, dedico questo scritto al piccolo Leone, vittima innocente della ferocia umana, e invito tutti a leggere le belle pagine de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, in cui l’Autore descrive con magistrale sensibilità i sentimenti della protagonista Tereza mentre assiste negli ultimi istanti di vita l’adorata cagnetta Karenin.
Con l’auspicio che la vicenda di Leone, la sua tragedia, non sia stata vana.