La riforma Cartabia del procedimento civile ha introdotto importanti novità sulla materia del gratuito patrocinio, ossia a spese dello Stato.
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Come ho già esposto in altri miei contributi (cfr. L’assistenza legale gratuita per i non abbienti – StudiLegali.com), il diritto di agire e resistere in giudizio è garantito dalla Carta Costituzionale all’art. 24 ai non abbienti, cioè a coloro che si trovino in determinate condizioni reddituali e che possono richiedere l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato ai sensi degli artt. 74-145 del D.P.R. 115/2002. Attualmente, il limite reddituale al di sotto del quale si è ammessi al gratuito patrocinio è fissato in € 12.838,07 (così elevato dal DM del 10 maggio 2023 pubblicato in G.U. del 6.6.2023). Come detto, si tiene conto anche dei redditi conseguiti dai familiari conviventi (cioè quelli che risultano dallo stato di famiglia rilasciato dal Comune di residenza) e della titolarità di beni immobili e mobili registrati. Non si fa riferimento ai limiti reddituali in alcune ipotesi particolari ma, trattandosi di casi in cui non si svolge alcun procedimento di mediazione o di negoziazione assistita, non se ne terrà conto e non se ne farà menzione.
La legge, prima della riforma, consentiva l’accesso al beneficio soltanto per la tutela dei diritti dinanzi alle sedi giudiziarie in senso stretto, lasciando scoperto il settore del c.d. A.D.R. ossia del sistema alternativo extra-giudiziale di risoluzione delle controversie, mediazione e negoziazione assistita in particolare.
Le novità della riforma Cartabia sul gratuito patrocinio
Ebbene, la riforma Cartabia ha finalmente posto rimedio a questa situazione ed ha previsto espressamente che la parte che sia in possesso dei requisiti richiesti dalla legge può beneficiare del c.d. gratuito patrocinio anche per promuovere o aderire ai procedimenti di mediazione e/o negoziazione assistita.
Lo scopo dell’estensione, in linea con l’impianto generale della riforma, è quello di evitare l’avvio di contenziosi giudiziali e quindi l’appesantimento del carico di lavoro dei Magistrati permettendo il ricorso a questi strumenti deflattivi del contenzioso.
Le nuove disposizioni sono entrate in vigore dal 30 giugno 2023.
È importante precisare che l’ammissione è soltanto provvisoria perché se il procedimento si conclude negativamente al difensore non saranno liquidati gli onorari.
Una recente pronuncia del Tribunale di Savona del 12.12.2023 ha però riconosciuto al difensore la liquidazione dei compensi per questa fase in quanto, come argomenta il Giudicante, trattandosi di un procedimento che deve essere obbligatoriamente promosso (in tutti i casi in cui ciò sia prescritto dalla legge, sia cioè una condizione di procedibilità dell’azione giudiziale) il mancato raggiungimento dell’accordo non può andare a sfavore né della parte ammessa né del suo difensore.
La decisione del Tribunale di Savona è senz’altro apprezzabile anche se prende in esame unicamente i casi di negoziazione e mediazione obbligatori, lasciando fuori i casi in cui i procedimenti A.d.R. siano stati avviati su base volontaria.
Sarebbe quindi opportuno un nuovo intervento del legislatore che emendi la normativa attualmente vigente da queste incongruenze.
Se, infatti, il ricorso ai sistemi alternativi di risoluzione delle controversie è stato ampliato e, in un certo senso, favorito dal legislatore onde evitare che si intasino le aule di giustizia e si appesantisca il lavoro dei magistrati, si dovrebbe – per logica conseguenza oltre che per giustizia formale e sostanziale – riconoscere il diritto alla liquidazione dei compensi al difensore in ogni caso.
La caducazione del provvedimento di ammissione con tutti i suoi effetti conseguenti appare troppo severa soprattutto se all’accordo non si sia giunti per il comportamento ostruzionistico della controparte, non interessata ad una celere definizione del contenzioso.
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